Archivio mensile:aprile 2009

A Volte Sarebbe Da Tirare Fuori La Roncola…

E darla sulle gengive delle teste di cazzo che scrivono puttanate come questa. Questo tale Giacomo Di Girolamo è fondamentalmente un coglione. Un cretino che crede di aver detto delle cose intelligentissime. Quasi mi dispiace dargli un trackback, ma voglio che legga questo post: Giacomo Di Girolamo, sei un coglione. Bello grassettato così te ne rendi conto. E lo rileggi. Tanto qui è casa mia, e non può certo tagliarmi questo pezzo, lui. E che sia un coglione ne sono profondamente convinto, ed è una mia fortissima opinione. Perchè? Beh, ma è logico: io ho degli amici che abitano in Abruzzo. Vorrei solo che questo bell’imbusto glie lo andasse a dire in faccia ai terremotati tutto sto bel discorsino. Vai, vai. Vediamo se non ti pigliano a roncolate. Vai a passare una settimana in una zona terremotata solo con i vestiti che hai addosso, senza ricevere alcun aiuto da parte del volontariato e della beneficenza. Vai. Ti do’ una settimana di tempo. Poi vengo lì, con te che ti stai “puzzando dal freddo” (come dicono a Napoli) e che hai una fame spaventosa, mi metto lì davanti a te e mi sbafo un panino farcito con ogni ben di dio. E mentre sei lì che guardi me che mangio, mentre tu sei affamato, mentre puzzi come un branco di elefanti con la dissenteria (perchè l’acqua, potabile e non, scarseggia, ciccio, c’è stato il terremoto, sai?), mentre sei lì che non hai avuto nemmeno una coperta per la notte, io tiro fuori un 50 euro. E poi ti dico:

Sai, è la beneficienza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell’italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficienza, fa da pretesto. Per cui, con questi 50 sacchi, stasera vado al ristorante. Ciao, eh.

[La parte sottolineata sono parole del cretino di cui sopra.]

E poi me ne vado. E voglio vedere che cazzo c’ha da dire, dopo.

Avevo proprio bisogno di sfogarmi.

Per una critica ragionata, invece, vi invito a leggere la risposta di Lisa Perni alle idiozie scritte dal tipo di cui sopra. Che è una persona che si sa controllare meglio di me. E alla quale mi fa piacere lasciar eun trackback. Molto piacere. Talmente tanto che chiudo con la citazione del finale del suo articolo:

…ma no, forse ha ragione lui: la prossima volta che ci sarà una raccolta fondi dirò di “NO! Io pago già le tasse, ci pensi lo Stato!” e quando mio figli di 6 anni mi domanderà “Mamma, ma sei impazzita?” gli risponderò “No amore, è che ora è di moda essere stronzi!

Le generazioni future ringraziano Lisa. A Giacomo invece, spero vivamente che lo riempiano di roncolate sulle dita (senza ucciderlo che è peccato – ma almeno la pianta di scrivere cazzate).

Una Prece Per l’Abruzzo

Non ci sono parole per esprimere la tristezza di fronte a ciò che è successo. Esistono solo le parole non dette del cuore. E’ poco, pochissimo, ma voglio dedicare questa canzone alle vittime del terremoto. E’ un canto alpino, uno fra i più belli che la tradizione alpina ricordi. Non dico altro… Non servirebbe.

 

 

Dio del cielo, Signore delle cime
un nostro amico hai chiesto alla montagna.
Ma ti preghiamo, ma ti preghiamo.
Su nel paradiso, su nel paradiso
lascialo andare per le Tue montagne.

Santa Maria, signora della neve
copri col bianco soffice mantello
il nostro amico il nostro fratello.
Su nel paradiso, su nel paradiso
lascialo andare per le Tue montagne.

Vorrei… (Refrain)

Refrain. Ormai è quasi un rituale. Una sigaretta, la grappa, i miei pensieri. E Gershwin con la sua “Rapsodia in blu”. Mi piace Gershwin. Forse, si, forse sarebbe meglio un notturno di Chopin, ma vista l’ora, la Rapsodia la preferisco… è un crescendo che annunci l’esplosione della vita, al mattino. E poi il resto della mia playlist. Un goccio di grappa, una sigaretta, la musica. I miei pensieri che cominciano a vagare… Refrain. Il riverbero delle corde dell’anima, del cuore. Riverbera il mio animo ora, perchè vorrei… Vorrei. Una parola semplice. Espressione dei mille desideri che accompagnano l’uomo. Cosa vorrei? Il suono di un respiro vicino al mio, il suono di un cuore che batte, pieno di vita. ascoltare la vibrazione del cuore. Il riverbero del cuore. Qui, qui in mezzo al petto, dove c’è quel brutto bastardo, fabbro di emozioni e di vita, fabbro di amore. Quel grandissimo, adorabile bastardo. Quello che che ti fa sperare quando ogni speranza è persa. Quello che è lì, e non ti abbandona, nemmeno nel buio dell’anima. E così te lo dice lui cosa vorresti. Vorrei… vorrei conoscer l’odore del tuo paese, canta Guccini. Si. Vorrei questo e molto di più. L’odore del tuo paese, gli amici, tutto. E poi passeggiare, su nelle montagne, dove l’aria è pura. Vorrei vederti sorridere, e sapere che sono io il motivo del tuo sorriso. Vorrei portarti dove il cielo è bello, dove si sente il respiro del mondo, e l’eco della tua voce, il riverbero dell’anima.

E lo vorrei, perchè non sono quando non ci sei,

e resto solo coi pensieri miei, ed io…


Refrain. Ed io sono qui a scrivere parole senza senso, o col senso di quello che ho dentro, ma che non riesco ad esprimere. Che non riesco a dire. Eppure nel cuore, nel mio cuore, c’è il riverbero della luce di un sorriso. Se solo potessi vederlo. E’ come una cosa così bella da non poterla descrivere. Vieni, vieni su con me, là dove l’aria è limpida, e dove se anche le montagne sono intorno ed escludono allo sguardo ciò che sta di là, anche così, vedi più lontano, vedi più chiaro, vedi dentro. Dentro il cuore, dentro quello che vorrei offrirti e che non sono capace. Dentro quel piccolo seme di felicità che mi sono trovato dentro. Che sta cercando di germogliare, che ha paura di tirare fuori il fiore che contiene. E che pure così riverbera al suono della vita.

E lo vorrei, perchè non sono quando non ci sei,

e resto solo coi pensieri miei, ed io…

Refrain. E resto solo con me, con il mio cuore, e vorrei essere con te. Svegliarmi e vederti ancora lì nel letto, con gli occhi chiusi, ed il respiro del sonno. E svegliarti con un bacio, e vederti sorridere quando apri gli occhi, ed accarezzare i tuoi capelli, ed ascoltare il tuo buongiorno assonnato… e vibrare. Vibrare al suono del tuo respiro, della tua voce, del caffè che ti porto. Vorrei qualcosa di semplice. Vorrei cantare, ballare, dipingere. Vorrei cantare il canto delle tue mani, vorrei dipingere il suono del tuo respiro, vorrei ballare alla musica del tuo sorriso. E sono qui, a scrivere le parole di un folle, o di un sognatore. Qual è il confine fra sogno e follia, fra ciò che si spera e ciò che si avrà? eppure è dolce camminare lungo il sottile flo tra la follia e il sogno. Eppure… Eppure c’è qualcosa di più. Si tratta di respirare e fare il salto. Un salto nel buio, un tuffo dove non si tocca. Il brivido e la paura. E sai che se ci riuscirai avrai già conquistato qualcosa di grande. E al di là c’è un orizzonte più grande. Quello dove ci sei tu. Quello dove ci siamo noi?

E lo vorrei, perchè non sono quando non ci sei,

e resto solo coi pensieri miei, ed io…

Refrain. Non sono quando non ci sei. Non sono felice. Non sono completo. Non sono. Chi sei tu che cammini nel mio cuore? Che lasci quel profumo buono che mi fa vibrare, che fa a pezzi tutto ciò che credevo di sapere? Chi sei tu che sei? Semplicemente. Sei. Ed io che sono qui, a parlare della principessa che vorrei accanto al mio cuore, non sono. Mi manca qualcosa. Mi manca il tuo respiro, ed il tuo sorriso, principessa. Mi manca il coraggio di fare il salto. Mi manchi tu. E’ quasi l’alba. Non c’è niente come l’alba, per cominciare di nuovo. La notte è scura, a volte è viva. Ma l’alba arriva, ogni volta. Vieni principessa, vieni con me a vedere l’alba. Il sole che sorge. Vieni a chiamare il sole nel mio cuore. Portami con te, là dove il tuo sorriso smuove le montagne e le fa vibrare. Vieni con me. No. Vieni accanto a me. Percorriamo insieme la salita fino alla cima della montagna. Quel sentiero così arduo che è la vita. E a metà strada, ti regalerò la corona fatta col mio cuore, col mio piccolo cuore. Con quel piccolo, adorabile bastardo di un cuore che mi ritrovo. Con quel cuore ingannatore, inadeguato, sempre inadeguato. A cui sempre la speranza fa luce. Anche oltre ogni ragione. La ragione del cuore è la speranza. Vieni con me, principessa. Camminiamo insieme.

E lo vorrei, perchè non sono quando non ci sei,

e resto solo coi pensieri miei, ed io…

Refrain. E lo vorrei, lo vorrei davvero. Vorrei essere capace di dirti questo, e  di più. Vorrei solo essere capace di dirti quanto sono piccolo di fronte a questa cosa grande. Parole di un folle. Ma di un folle che vorrebbe, nonostante tutto, essere capace di regalarti un sorriso. Ogni giorno. Ma siamo piccoli di fronte all’immensità delle passioni che quel fabbro che picchia nel petto forgia, e fa sorgere come una montagna. Da scalare, e in cima alla quale ritrovarti. Vorrei essere capace di portarti via e di dirti questo. O di non dirtelo, di condensare tutto in una esplosione piccola ma potente, di chiederti semplicemente di starmi accanto. Non sono un poeta, non sono un cantore del cuore. Sono solo io. Io, nella mia piccolezza. Limitato, incapace di sostenere da solo questa grande cosa che ho davanti. Eppure sono qui a cercare di germogliare, eppure a temere di farlo. Ed ogni volta sono sempre lì al limite, un po’ più in là della volta prima. eppure mai al punto di non ritorno. Perchè lo vorrei, principessa. Eppure ne ho paura. Ho paura di non essere in grado, di non essere all’altezza. Di non essere. E vorrei che lo sapessi e che accettassi l’unica cosa, per quanto piccola, che ti posso dare in ogni momento: il mio cuore.

E lo vorrei, perchè non sono quando non ci sei,

e resto solo coi pensieri miei, ed io…

Refrain. Ormai albeggia. Buongiorno, principessa. Ben svegliata.